martedì 19 aprile 2016

Obama vuole pubblicare il rapporto segreto che svela i finanziatori dietro l'11 settembre

Di fronte alla pressione delle famiglie delle vittime, di molti esponenti del Congresso, compresa la leader della minoranza democratica Nancy Pelosi, Barack Obama afferma che sta valutando la pubblicazione del rapporto segreto sull'11 settembre, 28 pagine che furono classificate nel 2002 dall'amministrazione Bush.  Intervistato alla Cbs, il presidente americano, che oggi parte per Riad, ha detto di avere «un'idea di quello che è contenuto nel rapporto» ma che per la pubblicazione bisogna aspettare il responso del capo dell'intelligence Usa, Jim Clapper.

«C'è un processo che viene gestito all'interno della nostra intelligence community, e il direttore del National intelligence sta valutando il rapporto per assicurarsi che se verrà pubblicato non saranno compromessi importanti interessi di sicurezza nazionale», ha detto Obama che poi ha aggiunto: «A quanto so, Clapper sta per completare il processo».  La polemica sulle «28 pages» - come viene chiamato il rapporto che, estrapolato dalle 838 pagine conclusive dell'inchiesta del Congresso sull'11 settembre, da 14 anni è chiuso in una stanza blindata di Capitol Hill dove comunque i deputati ed i senatori possono accedere - è tornata alla ribalta dopo che l'ex senatore Bob Graham, che della commissione faceva parte, ha detto che questo potrebbero fornire indizi del sostegno saudita ai dirottatori e anche sulla rete dei finanziatori degli attacchi.  La questione del rapporto è poi strettamente intrecciata con quella della legge, che il mese scorso è stata approvata all'unanimità dalla commissione Giustizia del Senato, che permetterebbe alle famiglie delle vittime degli attentati di fare causa al governo saudita per il presunto ruolo svolto a sostegno degli attacchi. Alla legge, che rischia di creare una pericolosa frattura tra Washington ed un importante alleato come Riad, si oppone Obama che, nell'intervista televisiva, ha ricordato che «se apriamo alla possibilità che singoli individui negli Stati Uniti facciano causa a governi, allora dobbiamo anche aprire alla possibilità che singoli individui in altri Paesi facciano causa agli Stati Uniti».  Nel dibattito divampato proprio negli ultimi giorni di campagna elettorale per le primarie di oggi a New York, città colpita al cuore dagli attacchi dell'11 settembre, sia Bernie Sanders che Hillary Clinton si sono schierati a favore della legge. Sanders è anche favorevole alla pubblicazione del rapporto che afferma però di non avere letto, anche se come senatore ne avrebbe avuto la possibilità.    
VETO ALLA LEGGE ANTI-SAUDITI  Obama con ogni probabilità metterà il veto alla legge che permetterebbe alle famiglie delle vittime dell'undici settembre di fare causa ai sauditi per il loro presunto sostegno ad associazioni benefiche ed altri gruppi che avrebbero finanziato al Qaeda. È quanto ha detto il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, alla vigilia del viaggio in Arabia Saudita del presidente che oggi parte alla volta di Riad.  Il ministro degli Esteri saudita ha già avvisato l'amministrazione Usa che, se il progetto di legge approvato all'unanimità dalla commissione Giustizia del Senato dovesse andare avanti, il suo governo inizierà a vendere i 750 miliardi di dollari di investimenti negli Stati Uniti per mettersi al riparo da eventuali ingiunzioni di sequestro da parte dei giudici. In realtà la discussione della legge in aula al Senato non è calendarizzata, ma il viaggio diObama a Riad ha fatto riaccendere la polemica sulla misura.  Secondo Earnest non sono tanto le minacce di vendita dei beni sauditi a muovere il presidente, quanto il fatto che la legge metterebbe «a rischio la stessa nozione di immunità governativa: questo potrebbe mettere gli Stati Uniti, i nostri militari e personale diplomatico a grave rischio se anche altri Paesi dovessero adottare misure del genere. Considerate la lunga lista di preoccupazioni che ho esposto - ha poi concluso - è difficile immaginare uno scenario in cui il presidente firmi una legge in questi termini».   Per quanto riguarda poi il monito saudita, Earnest ha invitato Riad alla cautela nei confronti di un passo che avrebbe ampie conseguenze economiche: «un Paese con un'economia moderna ed ampia come l'Arabia Saudita non avrebbe benefici da un mercato finanziario globale destabilizzato, come non ne avrebbero gli Stati Uniti». Il portavoce della Casa Bianca ha comunque affermato di non essere sicuro che la questione verrà sollevata durante i colloqui che domani Obama avrà con re Salman, che avranno al centro l'accordo nucleare con l'Iran, la lotta allo Stato Islamico e la Siria. Tematiche già scottanti nel rapporto tra i due alleati storici che Obama recentemente ha definito «complicato».  Sponsorizzata sia da democratici che da repubblicani, la legge creerebbe un'eccezione alla misura che tutela i governi stranieri da cause civili - e che finora ha impedito alle famiglie delle vittime di fare causa ai sauditi - nel caso che si dimostri che il governo straniero sia coinvolto in un attacco terroristico sul suolo americano. Ruolo che il governo saudita ha sempre negato, con la commissione d'inchiesta dell'11 settembre che ha concluso che il governo «come istituzione» o i suoi più alti funzionari non finanziarono gli attacchi. Ma le famiglie delle vittime stanno chiedendo la pubblicazione di un rapporto del 2002 in cui invece si analizzerebbe in dettaglio il ruolo svolto da funzionari sauditi negli attentati.

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